Lettera al Sindaco di Rignano

CORRIERE DEL TEVERE – DICEMBRE 2005

Egregio Sig. Sindaco,

leggo con piacere sul Corriere del Tevere di novembre la Sua lettera al Sindaco di Riano, affinchè convochi la Assemblea dei Sindaci della nostra zona, per affrontare la questione trasporti da e verso Roma.

Nel mio articolo “Il treno dello sviluppo”, sul numero di ottobre di questo giornale, sollevavo proprio il problema trasporti che, in questo periodo, con l’approssimarsi delle feste natalizie, è diventato drammaticamente urgente.

La riunione dei Sindaci che Lei propone, è un’ottima base di partenza: però da subito vanno coinvolti i cittadini e le cittadine, in modo da avere più forza e autorevolezza, e anche per mostrare a chi deve decidere che non si tratta di una iniziativa politico – partitica e propagandistica, ma di una esigenza reale e urgente, la cui materiale soluzione non può essere ancora rinviata.

Voi Sindaci avete la concreta possibilità di indirizzare le cose come si deve: avete gli spazi per riunire le persone, i fondi per stampare i manifesti, l’autorità per convocare i cittadini. In questi casi potete avvalervi del famoso protocollo di “Agenda 21” che, come Lei saprà, indica i passi da compiere per prendere decisioni sul territorio “condivise”.

Una proposta fatta secondo le regole di “Agenda 21” avrebbe una grande forza, e non potrebbe essere certamente ignorata dalla Regione, dalla Provincia o dalla Azienda ferroviaria!

Sono anche convinto che vecchi e nuovi abitanti dei nostri paesi vorranno prima di tutto una ferrovia funzionante, piuttosto che altre strade che portano altro traffico. Vediamo, parliamone, Sig. Sindaco. Ma andiamo avanti, e passiamo dalle parole ai fatti!

In attesa di buone notizie

Enrico Pane

Consigliere Comunale a Castelnuovo di Porto

Il sequestro della antenna

La vicenda della antenna che sta tra la scuola media e il Tribunale  ha avuto nuovi, importanti sviluppi: il sequestro dell’apparato, effettuato giovedì 3 novembre dai Carabinieri del Nucleo Tutela Ambiente.

Scuolabus

Disegno di Gianpiero

Articolo pubblicato a gennaio 2002 su “La Campana”

Quello che è difficile da digerire è che il paese peggiori, e che il peggioramento venga fatto passare dai responsabili come “miglioramento” oppure come “decisione obbligata dei bravi amministratori in carica, presa per il loro dovere di amministrare”.

Ci interessa ritornare sulla vicenda del trasporto pubblico (ma potremmo anche parlare del servizio di nettezza urbana) perché oggi il paese si trova ad avere un servizio peggiore e molto più costoso di prima. In più, dopo le spiegazioni degli Amministratori, a sentir loro i cittadini dovrebbero ringraziarli per l’ottimo lavoro svolto. Cosicché la vicenda del trasporto pubblico è emblematica di come vanno le cose a Castelnuovo di Porto.

Oggi Castenuovo ha un trasporto scolastico degno di un paese nordafricano (con tutto il rispetto….) e sempre più lontano dal modello americano o nord europeo che vediamo nei telefilm. Qui enormi e tetri autobus granturismo avvolgono di gas di scarico bimbi e genitori al cancello della scuola, lì allegri pulmini variopinti di piccola dimensione fanno sì che la scuola inizi appena usciti dalla porta di casa. Cosa è successo?

E’ successo che i nostri amministratori hanno applicato alla cosa comune una certa “approssimazione amministrativa” e quindi hanno imposto nel bando di gara l’uso di mezzi “a norma”. Ma non “a norma” per i piccoli utenti, ma “a norma” genericamente; cosicché una impresa che (dopo la crisi del turismo per l’attentato del 11 settembre 2001) aveva gli autobus adatti alle gite autostradali praticamente inutilizzati ha partecipato alla gara di appalto. I nostri Amministratori, invece di trovare il modo di correggere il bando, hanno accettato di fare di quei mezzi i nostri scuolabus.

Un vero errore, perchè in questo modo hanno accettato per i bambini csatelnuovesi un uso improprio degli automezzi, costruiti per gli adulti, per le medie e grandi distanze autostradali,  e non per il piccolo cabotaggio scolastico.

Ricapitolando:

1. Castelnuovo ha un servizio di trasporto pubblico che costa circa il doppio del precedente appalto;

2. Le famiglie dei bambini che prendono lo “scuolabus” hanno visto aumentare a metà anno scolastico,dalla sera alla mattina senza preavviso il costo del servizio da 14.000 a 24.000 lire al mese; (portato nel ott 2005 a 15 Euro – nota del 2005)

3. La precedente ditta appaltatrice, operante nella nostra zona, è stata sostituita con una Ditta “venuta da fuori”, in nome della “libera concorrenza”, e senza riguardo alcuno alla economia del nostro territorio, alla conservazione o creazione di posti di lavoro in loco ecc.;

4. Il servizio viene svolto con autobus gran turismo, alcuni vecchissimi, che hanno caratteristiche in contrasto a tutto quello che ci serve: ai bambini, ai viaggi brevi, alle salite e discese frequenti. Hanno corridoi e porte strette, pianale molto alto con inutile bagagliaio sottostante, e quindi accesso con gradini alti, sedili altissimi e imbottiti, soggetti a sporcarsi e di difficile pulizia, tv accesa eccetera;

5. Gli autobus hanno dimensioni tali che si muovono a fatica per le strade del paese, al minimo intralcio si bloccano e sono un vero pericolo per la viabilità ordinaria, al punto che il divieto di transito sulla provinciale Montefiore per questo tipo di mezzi ha avuto una deroga solo per loro.

Conclusione: un disastro.

Tra un po’ di tempo, quando sarà cultura comune l’autobus scolastico piccolo e dipinto a colori vivaci, con salita e discesa facile e rapida, nessun intralcio alla viabilità e quindi maggiore sicurezza, sedili fatti per i bambini, Castelnuovo di Porto sarà ricordato come il paese dei grandi bus. Nella memoria dei nostri bambini resterà indelebile la tv accesa dell’autobus scolastico alle 8 del mattino, i gradini altissimi per salire, il traffico bloccato al passaggio del loro scuolabus. Da grandi vorranno una cosa migliore per i loro figli, com’è normale, e gli sembrerà un gran progresso vederli salire su scuolabus gialli piccoli e magari elettrici. Ma sarà passata inutilmente una generazione.

Lettera tra vent’anni

Tu adesso vedi il paese com’è.

Ma Castelnuovo di Porto migliorò parecchio proprio quando entrò in funzione il treno veloce: si arrivò a Roma in 20 minuti a qualsiasi ora, e la stazione ferroviaria, rimessa a nuovo, fu servita da un grande posteggio sotterraneo.

Un altro posteggio fu fatto sulla Montefiore, vietata al traffico pesante, e così il nuovo svincolo della autostrada fu utile, ma non portò traffico verso il paese. Lo svincolo servì molto bene il Tribunale, che fu messo a Ponte Storto con la zona artigianale, dove si creò anche molto lavoro.

Dalla Stazione, per Via Roma, fu costruito il marciapiede verso la città vecchia, e fu chiuso alle macchine il tratto davanti alla scuola elementare. Si costruirono i negozi a destra e a sinistra, e quello diventò “lo struscio”. Fu un bellissimo cambiamento.

Le macchine, scendendo, giravano a sinistra della Banca di Roma, e arrivavano direttamente al campo sportivo, per la strada costruita demolendo quella che una volta era una brutta “sala polivalente”. Così fu tolto una volta per tutte il famoso tornante del pino, e si circolò molto meglio. Tutti gli uffici pubblici e i servizi furono spostati nel complesso che conosci, fatto dove c’era il campo sportivo: sul tetto e sottoterra furono fatti i posteggi, e parecchie famiglie ebbero finalmente un box per metterci sia la macchina che un sacco di altra roba che fino ad allora non sapevano dove mettere.

Dall’alto del vecchio comune, fino alla Femminella furono fatti i giardini che ci sono adesso, e fu creata la “passeggiata dei tre fontanili”, da dove si può oggi andare al Centro storico o arrivare in bicicletta o a cavallo fino a Riano. Questa fu una cosa importante, perché si scoprì che Castelnuovo di Porto fin dalla antichità aveva un sofisticato sistema idrico pubblico, e che non era, insomma, un paese arretrato per davvero. Aveva una antica cultura invece, e stava attraversando una fase di decadenza, ma era solo una fase. Così il Centro Storico fu completamente rinnovato e non era come lo vedi oggi, era cadente. Lo salvammo proprio noi da un progetto che avevano fatto, e che prevedeva ascensori in cemento armato, alberghi e una circonvallazione intorno. Invece riuscimmo a conservare tutto, le case furono ridipinte, le strade rifatte, la piazza ridiventò una piazza, cioè come è oggi, il luogo di incontro di tutti con le panchine e i tavolini all’aperto. Dal lato Montefiore fu ricostruito l’edificio che c’è adesso, e la sede del Municipio divenne Palazzetto Paradisi. Nella Rocca andarono a stare le associazioni e le attività culturali e sociali con cui sei cresciuta: il teatro per il quale Castelnuovo è famosa, la pittura, la musica, la moda. Molte persone e molti artisti, anche dai centri vicini e da Roma, iniziarono a venire a Castelnuovo. In un’ala della Rocca si misero le attività del no-profit e del commercio equo e solidale, tanto che Castelnuovo, per queste iniziative, fu imitata in tutta Italia.

A valle del Centro Storico, dove c’era un posteggio e un antico abbeveratoio, fu costruita la stazioncina del trenino che corre sul bordo della Montefiore e che oggi collega tutti i centri residenziali con la scuola e con il vecchio paese. Il trenino ebbe da subito grande successo, con i suoi tre vagoni rossi, da Valle loro al paese e ritorno passando per la scuola e per i campi sportivi. Furono cacciati a furor di popolo gli enormi e tetri autobus che allora giravano per il paese. Il trenino sembrava una utopia, ma ci riuscimmo facilmente con lo sponsor che ci regalò i vagoni: da quel momento il paese si ricucì, la macchina non serviva quasi più e tra scolari, mamme e gente varia il trenino era sempre pieno.

Un notevole impulso lo ricevette l’ agricoltura: le coltivazioni biologiche, con l’aiuto delle strutture no-profit che stavano nella Rocca, e che sono adesso uno dei motori più importanti della economia castelnovese, nacquero allora. Molti impiegati, una volta pendolari, vennero a lavorare a Castelnuovo; alcune ville in zona agricola, scandalo degli anni bui, furono riconvertite alla agricoltura biologica.

Tutto il territorio comunale fu cablato; in particolare Castelnuovo nel 2006 fu dichiarato “libero da elettrosmog” dalla Comunità Europea, perché fu vietata la installazione di antenne di grande portata ed interrati gli elettrodotti.

Quando cominciammo sembrava tutto molto difficile. Il paese era molto arretrato e non si poteva quasi parlare delle cose che volevamo fare. Si stava prendendo una strada senza ritorno, e la gente sembrava indifferente.

Però ci ritrovammo convinti e uniti: quando mi accorsi che sia i nativi che i forestieri volevano evitare che il paese diventasse la periferia di Roma, capii che ci stavamo riuscendo. Poi le cose cominciarono ad andare veloci. In breve tutto il paese fu coinvolto. E fu una bellissima cosa.

Pubblicato su “La Campana” di febbraio 2002

Il Treno dello sviluppo

Articolo pubblicato dal “Corriere del Tevere” di settembre 2005

Recentemente la Provincia di Roma ha promosso un Programma di sviluppo per l’area Sabina – Valle del Tevere, presentato a Fiano il 19 maggio scorso dall’Assessore della Provincia Bruno Manzi, con l’intervento degli Amministratori locali. Il “Corriere del Tevere” ne ha riferito sul numero scorso.Si tratta, dopo il “Progetto Va.Te.” (Valle del Tevere) che risale a molti anni fa, del primo programma organico per la nostra area, che riguarda principalmente lo sviluppo produttivo e le infrastrutture necessarie.

Se sulla cartina geografica dividiamo Roma e le aree circostanti in quattro fette uguali, ci accorgiamo che la nostra fetta, il quadrante Nord, è quella meno urbanizzata, più residenziale e meno industriale, meno dotata di servizi e infrastrutture per esempio stradali. Da qui la positiva necessità di cominciare a ragionare sullo sviluppo futuro e sulle prospettive.

Ma: “Niente succede a caso” dice il saggio, e se siamo rimasti indietro (per così dire, ma vedremo che non è così) una ragione ci sarà! Infatti non una ma molte ragioni si potrebbero elencare, dalla orografia impervia di parte del territorio, che rende le strade tortuosi saliscendi, a ragioni storiche, politiche, fino alla asprezza caratteriale degli indigeni, al loro attaccamento alla terra e alla conseguente difficoltà dei foresti (imprese o turisti che fossero) a trovare in passato una collocazione.Tuttavia il mondo si è evoluto, è diventato vario e variegato, e non è detto che tutti debbano fare le stesse cose. I ritardi possono diventare vantaggi, purché se ne abbia consapevolezza e si sappia guardare al futuro.Questo per dire che lo sviluppo produttivo non ha più l’unico sbocco nelle aree industriali che da decenni ogni comunità locale realizza, ma può esprimersi anche nelle attività legate al tempo libero, allo sport e alla cultura, e nella agricoltura, nell’allevamento, nella produzione di energia pulita, cioè in tutte quelle faccende vietate a chi ha già occupato il territorio con le aree industriali.

Il Programma della Provincia correttamente non trascura questi argomenti e, trattandosi di un quadro di insieme, per di più di ampia portata territoriale, comprende un po’ tutto. Sarà poi compito delle comunità locali compiere le scelte definitive, secondo la vocazione e la storia del loro territorio. Che eventualmente potrà avere anche più di una vocazione. A patto che le diverse attività siano spazialmente ben distinte e non si danneggino a vicenda. O meglio purché gli insediamenti pesanti non danneggino quelli leggeri, perché così andrebbe a finire in caso di eccessiva vicinanza, in quanto non si è mai vista una mucca cacciare via un capannone, ma invece un capannone sfrattare una mucca, sì.

La sufficienza e – sotto sotto – la sfiducia con le quali vengono trattate tutte le alternative di sviluppo diverse da quello industriale propriamente detto, sono strettamente legate all’inconscio della storia italiana dal dopoguerra ad oggi, quando la produzione di beni utili e concreti (dalla automobile al parmigiano), localizzata piuttosto casualmente e senza grandi infrastrutture, ci ha permesso di crescere e progredire. Le infrastrutture vennero poi, con i guadagni e con i sacrifici. Oggi, invece, le infrastrutture, massimamente strade e ferrovie esistenti, possono e debbono essere pensate come matrici dello sviluppo possibile, che sarà, come già detto, espressione della storia e della cultura della gente della zona.

Foto

La ferrovia Roma-Viterbo è il perfetto esempio di questo concetto. Si tratta di una infrastruttura esistente, nell’attuale tracciato, dal 1932. Il trenino porta da Roma a Civitacastellana e poi a Viterbo, partendo da Piazza del Popolo e costeggiando la Via Flaminia. La linea ha caratteristiche uniche: parte dal centro barocco di Roma, corre lungo la antica consolare con un bellissimo andamento rialzato e panoramico, costeggia tutto il Parco di Veio e serve così alcuni dei più originali paesi medioevali vicinissimi alla Capitale. In particolare tre paesi, Riano, Castelnuovo di Porto e Morlupo sono oggi in pratica un unico insediamento, pur avendo conservato perfettamente leggibili le originalità di impianto dei loro Centri Storici. Purtroppo il treno è più o meno quello di cinquant’anni fa, nella qualità del viaggio, nella velocità e negli orari. Sferraglia a 40 all’ora come se andasse a spasso, e passa solo di mattina presto per andare a Roma, e a fine giornata per rientrare; segue insomma il flusso dei pendolari, ma non quelli di oggi, quelli di una volta, con il risultato che chi deve andare a Roma, anche solo a ponte Milvio a lavorare, prende la macchina e non ci pensa più.

Per la Roma-Nord, come è chiamata la ferrovia, il tempo si è fermato da alcuni decenni, non c’è stato il flusso migratorio residenziale da Roma verso l’hinterland, non c’è stato il Parco di Veio, e i paesani sono ancora quelli, più o meno, che hanno come borsa il fazzolettone annodato ai quattro capi.Sappiamo tutti, invece, che decine di migliaia di persone vanno tutti i giorni a Roma per lavoro o per studio, e quanto sarebbe importante, quanto migliorerebbe la nostra vita, la nostra economia, il valore delle nostre case, un servizio di ferrovia metropolitana minimamente efficiente. Non dico un treno iperveloce su cuscino d’aria, per carità, ma un servizio continuo, per tutta la giornata e fino a sera, che in 20 minuti copra i 30 chilometri tra Morlupo e Roma. La media sarebbe di 90 km all’ora. Quella attuale è di circa 40.

Impossibile? Non credo proprio. La moderna tecnica ferroviaria in pochi mesi potrebbe fare tutto. Senza necessità di raddoppiare la linea, ma semplicemente automatizzando le stazioni di scambio lungo il percorso. E’ solo una questione di volontà politica, di decisione degli Amministratori di operare in una certa direzione piuttosto che in un’altra.

Certo che se si continua a pensare di produrre ricchezza solo con le aree industriali e i capannoni, Riano e Castelnuovo concentreranno i loro sforzi sulla zona Tiberina, e Morlupo sarà tagliato fuori. Il Parco di Veio continuerà ad essere considerato penalizzante per il progresso, e chi più ne ha più ne metta. Ma invece il ritardo della zona Flaminia (rispetto al modello industriale) e quindi il suo territorio intatto, la presenza di attività agricole, la grande espansione residenziale avvenuta, e il suo trenino centenario potrebbero, con opportuni accorgimenti, assecondando la cultura e le tradizioni locali, essere davvero l’incipit di un passaggio epocale.

Con la ristrutturazione della linea ferroviaria, si aprirebbero infatti diversi scenari. Per esempio: Riano, Castelnuovo e Morlupo diventerebbero le porte di ingresso al Parco di Veio. Una progettazione coordinata tra Ferrovia e Parco darebbe valore economico a quest’area protetta di recente istituzione, e ancora alla ricerca di una precisa identità. Coltivazioni biologiche e innovative potrebbero trovare nella ferrovia un importante supporto, senza contare le attività di svago, sport e tempo libero che il Parco potrebbe accogliere con semplici infrastrutture, giovandosi dei tre milioni di potenziali clienti romani. In pratica le famiglie da P.le Flaminio potrebbero salire sul treno con le biciclette, scendere dopo 20 minuti, trovare nel piazzale delle stazioni le strade di accesso a Veio, trascorrere una giornata nel Parco opportunamente attrezzato, riprendere il treno e tornare a Roma a fine giornata. Oppure fermarsi più giorni negli agriturismi che sorgerebbero. Di converso chi abita nei paesi potrebbe andare a lavorare o a studiare in bicicletta, arrivando nel centro di Roma con lo stesso servizio.Si avvierebbe una integrazione culturale con Roma, perché il treno nelle ore serali permetterebbe la fruizione dei servizi culturali e di svago della Capitale ai cittadini dei paesi, ma anche e soprattutto il treno sarebbe ragione di decentramento di spettacoli e iniziative che, attuate nella cintura urbana, verrebbero fruite da chi abita nella capitale. Occasioni ce ne sarebbero. Basta qui dire che Castelnuovo di Porto e gli altri paesi si connotano come i luoghi del teatro e delle Compagnie teatrali, con il famoso premio annuale di drammaturgia E.M.Salerno, e le numerose rappresentazioni teatrali di alto livello presenti ogni anno nel loro territorio.Gli studenti in età liceale avrebbero la possibilità di frequentare gli istituti che in zona non esistono: valga per tutti l’esempio del liceo artistico, con quello di via di Ripetta che è facilmente raggiungibile dalla stazione di P.le Flaminio.

E non è che l’inizio – come si dice – di una lista di vantaggi e cambiamenti positivi che in breve partirebbero a cascata innescandosi a vicenda.

Ecco quindi che partendo da una infrastruttura esistente e da un obbligo sociale – la mobilità all’interno dell’area metropolitana – e assecondando la cultura locale legata alla campagna, si può arrivare a uno sviluppo economico complessivo che capovolge i ritardi e gli svantaggi di cui si parlava all’inizio e li trasforma in opportunità.

Sarà possibile? Io penso di sì. Anche solo per un’unica considerazione: tra chi è nato nei paesi e chi ci è venuto ad abitare, su queste cose c’è identità di vedute. Gli uni sono legati alla terra dei loro avi, gli altri hanno scelto questi luoghi per come sono, e non per come qualche amministratore vorrebbe trasformarli.

Il Circolo Legambiente e le firme contro l’antenna

Fin dal 2004 il Circolo Legambiente “Castelnuovo di Porto” si era attivato per rimuovere l’antenna per telefonia mobile posta sopra le scuole di Castelnuovo di Porto. Nel corso delle varie iniziative erano state raccolte e portate in Comune centinaia di firme.

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