Tu adesso vedi il paese com’è.

Ma Castelnuovo di Porto migliorò parecchio proprio quando entrò in funzione il treno veloce: si arrivò a Roma in 20 minuti a qualsiasi ora, e la stazione ferroviaria, rimessa a nuovo, fu servita da un grande posteggio sotterraneo.

Un altro posteggio fu fatto sulla Montefiore, vietata al traffico pesante, e così il nuovo svincolo della autostrada fu utile, ma non portò traffico verso il paese. Lo svincolo servì molto bene il Tribunale, che fu messo a Ponte Storto con la zona artigianale, dove si creò anche molto lavoro.

Dalla Stazione, per Via Roma, fu costruito il marciapiede verso la città vecchia, e fu chiuso alle macchine il tratto davanti alla scuola elementare. Si costruirono i negozi a destra e a sinistra, e quello diventò “lo struscio”. Fu un bellissimo cambiamento.

Le macchine, scendendo, giravano a sinistra della Banca di Roma, e arrivavano direttamente al campo sportivo, per la strada costruita demolendo quella che una volta era una brutta “sala polivalente”. Così fu tolto una volta per tutte il famoso tornante del pino, e si circolò molto meglio. Tutti gli uffici pubblici e i servizi furono spostati nel complesso che conosci, fatto dove c’era il campo sportivo: sul tetto e sottoterra furono fatti i posteggi, e parecchie famiglie ebbero finalmente un box per metterci sia la macchina che un sacco di altra roba che fino ad allora non sapevano dove mettere.

Dall’alto del vecchio comune, fino alla Femminella furono fatti i giardini che ci sono adesso, e fu creata la “passeggiata dei tre fontanili”, da dove si può oggi andare al Centro storico o arrivare in bicicletta o a cavallo fino a Riano. Questa fu una cosa importante, perché si scoprì che Castelnuovo di Porto fin dalla antichità aveva un sofisticato sistema idrico pubblico, e che non era, insomma, un paese arretrato per davvero. Aveva una antica cultura invece, e stava attraversando una fase di decadenza, ma era solo una fase. Così il Centro Storico fu completamente rinnovato e non era come lo vedi oggi, era cadente. Lo salvammo proprio noi da un progetto che avevano fatto, e che prevedeva ascensori in cemento armato, alberghi e una circonvallazione intorno. Invece riuscimmo a conservare tutto, le case furono ridipinte, le strade rifatte, la piazza ridiventò una piazza, cioè come è oggi, il luogo di incontro di tutti con le panchine e i tavolini all’aperto. Dal lato Montefiore fu ricostruito l’edificio che c’è adesso, e la sede del Municipio divenne Palazzetto Paradisi. Nella Rocca andarono a stare le associazioni e le attività culturali e sociali con cui sei cresciuta: il teatro per il quale Castelnuovo è famosa, la pittura, la musica, la moda. Molte persone e molti artisti, anche dai centri vicini e da Roma, iniziarono a venire a Castelnuovo. In un’ala della Rocca si misero le attività del no-profit e del commercio equo e solidale, tanto che Castelnuovo, per queste iniziative, fu imitata in tutta Italia.

A valle del Centro Storico, dove c’era un posteggio e un antico abbeveratoio, fu costruita la stazioncina del trenino che corre sul bordo della Montefiore e che oggi collega tutti i centri residenziali con la scuola e con il vecchio paese. Il trenino ebbe da subito grande successo, con i suoi tre vagoni rossi, da Valle loro al paese e ritorno passando per la scuola e per i campi sportivi. Furono cacciati a furor di popolo gli enormi e tetri autobus che allora giravano per il paese. Il trenino sembrava una utopia, ma ci riuscimmo facilmente con lo sponsor che ci regalò i vagoni: da quel momento il paese si ricucì, la macchina non serviva quasi più e tra scolari, mamme e gente varia il trenino era sempre pieno.

Un notevole impulso lo ricevette l’ agricoltura: le coltivazioni biologiche, con l’aiuto delle strutture no-profit che stavano nella Rocca, e che sono adesso uno dei motori più importanti della economia castelnovese, nacquero allora. Molti impiegati, una volta pendolari, vennero a lavorare a Castelnuovo; alcune ville in zona agricola, scandalo degli anni bui, furono riconvertite alla agricoltura biologica.

Tutto il territorio comunale fu cablato; in particolare Castelnuovo nel 2006 fu dichiarato “libero da elettrosmog” dalla Comunità Europea, perché fu vietata la installazione di antenne di grande portata ed interrati gli elettrodotti.

Quando cominciammo sembrava tutto molto difficile. Il paese era molto arretrato e non si poteva quasi parlare delle cose che volevamo fare. Si stava prendendo una strada senza ritorno, e la gente sembrava indifferente.

Però ci ritrovammo convinti e uniti: quando mi accorsi che sia i nativi che i forestieri volevano evitare che il paese diventasse la periferia di Roma, capii che ci stavamo riuscendo. Poi le cose cominciarono ad andare veloci. In breve tutto il paese fu coinvolto. E fu una bellissima cosa.

Pubblicato su “La Campana” di febbraio 2002

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