Chi non ha mai desiderato avere una bacchetta magica capace di trasformare ogni cosa secondo i suoi desideri? Uno, due, tre, e la vecchia utilitaria diventa una berlina nuova nuova, ticchete toc, e il frigo si riempie di ogni ben di dio.

Naturalmente nessuno crede alle bacchette magiche, ma tuttavia la dimensione del sogno, il desiderio di realizzare qualcosa, è una importante spinta a mettere in atto le procedure necessarie, ad affrontare il lavoro indispensabile per (forse) un giorno ottenere quello che desideriamo.

Più o meno questo è il meccanismo che sta alla base di ogni Piano Regolatore. Si sognano degli obbiettivi, si suppone cosa si vuole fare di un paese e di un territorio, e poi si comincia a lavorare sulla concreta realizzabilità delle cose. Eventualmente si modificano gli obbiettivi per renderli concreti ed effettivamente raggiungibili. Ma non ci si ferma mai ai soli desideri, come fece il Piano di Castelnuovo di Porto nel 2003.

Quando tre anni e mezzo fa la Giunta Lucchese adottò la Variante Generale al Piano Regolatore, ovvero un nuovo assetto del territorio Castelnovese da qui a 10, 20 anni, a molti fu subito chiaro che si trattava del libro dei sogni. La Variante conteneva una previsione di sviluppo edilizio del tutto abnorme – ed oltretutto non permessa dalle normative regionali – con una quantità di superfici per servizi (uffici e commercio) che nessun paese avrebbe potuto sostenere come costi e come infrastrutture. In più la Variante dimenticava completamente le aree agricole, e quelle industriali le prevedeva nel letto del Tevere, dove erano previste anche prima, e dove non si erano mai potute fare per il veto inderogabile dell’Autorità di Bacino.

Allora (2003) c’era un’altra Opposizione alla Giunta Lucchese, che doverosamente si oppose, ma il Piano passò col voto compatto della Maggioranza. Quando nel 2004 cambiò l’Opposizione, in Consiglio Comunale iniziò una battaglia lunga e articolata proprio sul Piano Regolatore, che vide tutti e cinque i componenti della nuova Minoranza, seppure diversi politicamente, argomentare compattamente ed anzi all’unisono per evitare al paese la perdita di tempo, l’attesa lunghissima destinata a sfociare nel nulla, perché il Piano era matematico che non potesse funzionare.

La battaglia culminò circa un anno fa, nel 2006, con la mano tesa della Minoranza, e con la proposta, per il bene di tutti, di annullare quella adozione del Piano 2003, e di rifare subito un altro Piano in pochi mesi, approfittando di una particolare normativa Regionale, facendo salvi in qualche modo i cittadini privati e le famiglie. Lucchese e i suoi rifiutarono anche questa proposta. Continuarono a sostenere che tutto andava bene, contro ogni evidenza e contro ogni logica. Vollero politicizzare la questione, e in sostanza dissero: “Il Piano è nostro e lo gestiamo noi. L’Opposizione stia al suo posto.” Non vollero accettare la possibilità di fare uscire il paese da una crisi gravissima; in altre parole ragioni “politiche” prevalsero su ogni altra considerazione. Perché in fondo cosa rischiavano? Solo di perdere tempo, e nell’attesa avrebbero continuato a governare.

Ma invece ecco che quest’anno 2007 succede l’imponderabile. Si scopre (tra l’altro da un articolo su “Il Nuovo”) che l’adozione del Piano, ovvero la semplice promessa di ciò che accadrà, non è senza risvolto fiscale, e che in sostanza le promesse di edificabilità dei suoli per il Fisco valgono come se fossero concrete. In termini pratici i terreni destinati ad essere costruiti, oggi non possono essere costruiti (perché il Piano è solo adottato e non approvato dalla Regione), ma fin dal 2003 devono pagare ICI e altre tasse come se fossero già edificabili. Questa è la norma nazionale. Che in una situazione come Castelnuovo assume i connotati di una ingiustizia a carico degli innocenti. Per tanti motivi. Prima di tutto perché la tassa appare discutibile, niente affatto lieve e con 3 anni di arretrato. Secondo poi perché va a carico di cittadini e famiglie. Terzo perché deriva da un Piano sbagliato, fatto perdippiù sapendo di sbagliare.

Insomma la “leggerezza” della nostra Amministrazione, la politica del “sogno”, la pretesa un po’ infantile di avere la bacchetta magica, di governare con le promesse, la vanno a pagare – concretamente – i cittadini Castelnovesi. Proprio quelli che hanno creduto, e dato un plebiscito di voti, a chi prometteva la luna.

Questa è la situazione oggi: come procedura il Piano è fermo esattamente a tre anni e mezzo fa nei cassetti del Comune; in più stanno per partire gli avvisi ICI obbligatori, per un importo globale non inferiore al milione di Euro, riferiti agli ultimi tre anni.

A questo punto c’è una sola cosa da fare: un atto di umiltà politica da parte della Maggioranza, e una delibera di annullamento del Piano con effetto retroattivo dal 2003. Cancellare tutto, ICI compresa. Si sarà perso tempo, il che non è poco, ma almeno al danno non si aggiungerà la beffa.

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