Dopo una indagine durata anni la Procura della Repubblica ha disposto il sequestro di due dei cinque depuratori di Castelnuovo di Porto, precisamente quello di “Vallelinda” e quello di “Colleverde”. Secondo l’ordinanza i depuratori non depurano, ma inquinano. Di conseguenza i depuratori sono stati in sostanza chiusi, ovvero viene impedito che dagli stessi fuoriesca l’acqua, che dovrebbe essere depurata e invece è risultata inquinante.

I depuratori sono in sostanza delle grandi vasche circolari che ricevono i liquami fognari i quali, attraverso un sistema di filtri, tornano nell’ambiente sotto forma di “acqua”, ovvero “depurati” delle sostanze tossiche o nocive o inquinanti. Dopo il depuratore, l’acqua pulita che ne fuoriesce può andare nei corsi d’acqua e poi nel Tevere. La “robaccia” resta nei filtri che stanno dentro il depuratore e che periodicamente vanno puliti. Va da sé che se dal depuratore non esce acqua depurata, ma liquami si determina un inquinamento ambientale. Che è appunto il motivo dei recenti sequestri.
Che si fa se il depuratore viene chiuso? Semplice, bisogna portare via i liquami manualmente o quasi, dato che la vita continua e non si possono certo chiudere i bagni e gli scarichi delle abitazioni delle famiglie che sono allacciate al sistema. Perciò dal 5 settembre una teoria ininterrotta di camion autobotti cariche di liquami fa la spola tra i depuratori sequestrati e un luogo adatto al loro scarico, ovvero un depuratore funzionante. Vanno avanti e indietro e svuotano continuamente i depuratori chiusi e sequestrati, ai quali continuano ad affluire liquami di fognatura, perché – come detto – la vita continua con le nostre normali docce, le lavatrici che scaricano e gli sciacquoni quotidianamente azionati.

Questo fino a quando i depuratori non funzioneranno.

Il problema di questa operazione (a parte tutto il resto) è il costo delle autobotti, che ammonta ad alcune decine di migliaia di euro al giorno, che moltiplicato per i giorni di andirivieni e per 2 depuratori, si fa presto a far conti in milioni di euro. E chi paga? Chi ha sbagliato, ovviamente, ma non è così semplice da individuare. Perché tutto il sistema è passato alla ACEA ATO 2 circa un anno fa, ed attualmente la responsabilità è di questa società. Prima era del Comune. E ad oggi non si sa esattamente a quale periodo si riferiscano le analisi e le irregolarità rilevate.
Sta di fatto che esiste il concreto pericolo che alla fine sia sempre “Pantalone” a pagare, ovvero i cittadini sottoforma di “casse comunali” oppure sottoforma di “contribuenti ACEA”. Staremo a vedere. Nel frattempo è molto evidente, nelle conversazioni informali, la linea di difesa presa coralmente dalla Amministrazione Lucchese, che è quella di assoluta mancanza di responsabilità, e di critica all’operato della Magistratura. Ma questo è un copione già visto e troppo replicato per essere credibile senza approfondimenti. Sulla salute pubblica non si può buttarla in dialettica, occorre essere molto seri.

La Minoranza ha chiesto la convocazione urgentissima del Consiglio Comunale sull’argomento, al fine di informare con chiarezza la cittadinanza ed affrontare l’emergenza nella sede corretta. Lo abbiamo chiesto subito a voce e per iscritto, e pensiamo sia dovuto a tutti i Castelnovesi (ma la Giunta non sembra avere fretta…).

Senza trascurare un’altra grave emergenza, che anche abbiamo chiesto di affrontare nel Consiglio urgentissimo: gli edifici scolastici e gli scuolabus. In questi giorni infatti per i bambini e i ragazzi castelnovesi inizia un’altra fantastica, inconcepibile stagione da terzo mondo.

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