Alla fine l’hanno fatta grossa. L’hanno fatta tutti insieme e depositata al centro della sua scrivania, nell’ufficio di Sindaco, nel Palazzetto Comunale appena ristrutturato. La richiesta ufficiale di convocare il Consiglio Comunale per licenziare definitivamente il Piano Regolatore e spedirlo all’esame della Regione Lazio è stata firmata da 5 assessori su 6 e presentata al protocollo.

Dopo mesi di tentativi bonari, litigi e riappacificazioni, musi lunghi e pugni sul tavolo, Lucchese non si è schiodato dalla sua posizione di rimandare sine die la convocazione dell’ultimo Consiglio Comunale sul Piano regolatore e allora i suoi sono passati alle maniere forti. Pensa che ti ripensa hanno individuato la mossa più “politica” tra quelle possibili, e la richiesta formale l’hanno firmata loro, in prima persona, gli Assessori delegati dal Sindaco. In pratica l’intera giunta, meno uno, l’Assessore alla Finanza Risoluti, da sempre più a suo agio tra i libri contabili che tra quelli della politica.

E’ la prima volta, per tutta la durata della monarchia lucchesiana che iniziò nel 1999, che un dissidio interno alla Maggioranza esce allo scoperto e si manifesta in modo evidente. E’ anche raro che quasi tutta una Giunta si schieri contro il suo Sindaco, che in fin dei conti l’ha nominata e delegata ad amministrare per suo conto. Significa che la divergenza è profonda e sostanziale. E non potrebbe essere altrimenti se la materia del contendere è il Piano Regolatore del paese, il principale strumento di programmazione e impostazione di un Comune. Che si fa ogni 20 anni o giù di lì.

Lo fecero tutti insieme, il Piano Regolatore nuovo, tra il 2001 e il 2002, e lo adottarono ufficialmente in Consiglio Comunale a Natale 2003. Per essere precisi mancava Ballini, che entrò poi nel gruppo dopo le elezioni della primavera 2004. Da allora il Piano è andato avanti molto a rilento. Per diventare effettivo deve recepire le eventuali modifiche che scaturiscono dalle osservazioni dei cittadini ed essere approvato dalla Regione Lazio. Ma ad oggi il Piano non è stato ancora inviato alla Regione perché mancano da esaminare in Consiglio una sessantina di osservazioni, in pratica una sola seduta. Questa è oggi la materia del contendere. Il Sindaco non convoca l’ultimo Consiglio necessario per inviare il Piano Regolatore in Regione, e i suoi Assessori fanno una richiesta ufficiale che lo obbliga alla convocazione.

Al di là di ogni altra considerazione, il dato eclatante è la separazione tra il Sindaco e i suoi Assessori. Una questione evidentemente profonda, e strutturalmente insuperabile perché parte da origini e  culture diverse. Ma che sembrava avere trovato un ampio ponte di collegamento nella efficace convivenza pragmatica dell’amministrare insieme: il Sindaco- filosofo venuto da fuori forniva verso l’esterno tutta la cultura, la dialettica, la modernità necessarie; gli esponenti della classe dirigente locale ci mettevano la tradizione amministrativa, la conoscenza del popolo, e i metodi per accontentarlo, o all’occorrenza non accontentarlo. La cultura teorica e la cultura pratica,  quella urbana e quella locale insieme. Il perfetto connubio era stato suggellato dalla percentuale bulgara di voti presi alle ultime elezioni del 2004 ed aveva il suo libro mastro proprio nel Piano Regolatore, voluto dagli Assessori e promosso e difeso dal Sindaco in prima persona.

Ma proprio perché Lucchese si spendeva fin da subito per un Piano Regolatore che era il frutto dei desiderata e delle alchimie politiche locali, aveva certamente maturato l’aspettativa – per non dire la sicurezza – che quelle carte un minimo di accettabilità e un minimo di congruenza con leggi, norme, decreti e buonsenso la contenessero. E quindi grande deve essere stata per lui la disillusione quando piano piano (sentita la gente, sentiti magari esperti consulenti, lette meglio le carte) deve essersi reso conto che invece si trattava di un progetto raffazzonato e sbagliato, indifendibile anche dal più abile oratore, e destinato dritto dritto ad essere bocciato senza appello da chiunque fuori da Castelnuovo lo avesse esaminato. Ed ecco che il Sindaco si deve essere trovato un bel giorno, suo malgrado, a dover fare una cosa alla quale non credeva più o non riusciva più a credere: sostenere un Piano Regolatore destinato alla catastrofe. Che era diventato un boomerang per chiunque si esponesse in sua promozione e difesa. E massimamente per lui.

Probabilmente ci ha messo troppo tempo a capirlo e soprattutto a dirlo. Certamente avrebbe potuto essere più chiaro prima, sia verso la sua Giunta che verso la cittadinanza. Anche se avrebbe soltanto ottenuto di anticipare la letterina di benservito che i suoi assessori gli hanno recapitato oggi. O forse la piena consapevolezza sul guaio del Piano Regolatore gli è arrivata solo negli ultimi mesi, alla luce degli evidenti peggioramenti portati dalle risposte alle osservazioni che (se possibile) hanno reso l’intero progetto ancora più debole.  Ma a muoversi prima c’era il tempo per rifare il Piano e correggere gli errori. La Minoranza, nel suo piccolo ruolo al quale è stata costretta da una Maggioranza che non ha lasciato nessuno spazio, aveva proposto anni fa di non perdere altro tempo e di rifare in breve tutto quanto, salvaguardando le aspettative legittime dei cittadini. Aveva spiegato, analizzato, chiesto per piacere. Offerto il suo voto per raddrizzare le cose. Niente da fare.

La Minoranza doveva evidentemente fare solo da sfondo scenico in Consiglio Comunale. Perchè la vera partita era un’altra, quella che oggi viene fuori e della quale è stato tirato solo il primo calcio di inizio.  Quella tra una intera nomenclatura radicata nei suoi metodi tradizionali e un Sindaco da solo con i suoi libri e le sue mutate convinzioni.

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