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Il rifacimento della ferrovia Roma Nord sembra la carota appesa davanti al muso dell’asino per fargli tirare la carretta senza protestare; ed é inutile dire chi fa la parte dell’asino.

Anni di progetti, dibattiti e annunci non hanno prodotto nulla di concreto e anzi paradossalmente hanno in qualche misura aiutato il peggioramento del servizio, perché tanto dovendo “rifare” non vale la pena “aggiustare”, che si tratti di linee elettriche, di stazioni o di treni.

Negli anni ci sono stati alcuni sorprendenti errori dei nostri politici, come la decisione di fare arrivare il primo lotto della nuova ferrovia soltanto fino a Riano, all’inizio di quella che é la maggiore conurbazione Flaminia, e non fino a Morlupo, che ne é la fine. O come il tentativo di farsi dare i fondi dall’Europa, dichiarando la Roma-Nord come linea indispensabile per il collegamento tra Roma e il futuro aeroporto di Viterbo: quando a Bruxelles si sono accorti che una tale linea esisteva gia’, si chiamava FR3 ed era solo un po’ piu’ ad ovest, verso l’Aurelia, non solo hanno chiuso ogni discorso, ma si sono anche parecchio arrabbiati.

Ma al di la’ di queste cose, c’é un problema di fondo che mantiene la carota-ferrovia ancora distante dal muso dell’asino-cittadino, ed é il fatto che la nuova linea viene considerata necessaria solo al pendolarismo suburbano, ovvero serve solo ai cittadini che abitano qui e vanno a lavorare, o a studiare, a Roma. Le ragioni del pendolarismo sono le piu’ urgenti, ma evidentemente non bastano, perché si tratta di un’esigenza creata autonomamente da piccoli comuni, i quali non sommano, tutti insieme, un quartiere di Roma. C’é poi una storica separazione gestionale e politica tra Roma e i Comuni vicini, troppo poco popolati per rappresentare un reale interesse elettorale, soprattutto rispetto ai quadranti di Roma sud o Roma est, dove la maggiore densita’ urbana rende eventualmente piu’ conveniente l’investimento infrastrutturale pubblico, sia in termini politici che sociali.

Ben altra valenza avrebbe invece considerare la nuova ferrovia non solo come necessaria ai pendolari, ma anche come infrastruttura di sviluppo, ricchezza e lavoro di tutta l’area compresa tra Cassia e Flaminia e fino al Soratte. Biciclette sul treno, stazioni attrezzate, strutture ricettive, commercio a km zero, e molte altre cose riguarderebbero l’economia del turismo e della cultura, in un territorio che in questo ha molto da produrre e da offrire. Senza contare che un treno veloce che parte dal centro di Roma potrebbe rendere conveniente decentrare uffici e servizi, sempre che vi sia una adeguata politica territoriale da parte dei Comuni.

Ma qui sta il punto: bisogna decidere (sempreché non l’abbia già deciso il Destino, il Fato o l’immobilismo amministrativo) l’identità’ di questo territorio di Roma Nord tuttora sospeso tra una cultura locale sempre più flebile e la veste del suburbio – dormitorio metropolitano che si é andata affermando negli ultimi decenni.

Oggi paghiamo il conto di politiche territoriali inadeguate o, ad essere benevoli, inesistenti, in cui i servizi venivano sempre dopo – e non prima – delle case e degli abitanti.

Su questo piano il rifacimento della nostra ferrovia é il problema di una delle tante “periferie metropolitane senza servizi”, il suo finanziamento sta nel cassetto “costi senza ritorno”, e se la deve vedere con altre emergenze di Roma Capitale, anche più impellenti, che riguardano più persone in territori più densi.

Il faldone della nuova ferrovia Roma – Nord andrebbe invece preso e messo nel cassetto “Investimenti per lo sviluppo e il lavoro”: avremmo non solo meno concorrenza sui soldi disponibili, ma potremmo anche accedere ai fondi europei appositamente previsti per lo sviluppo territoriale.

Certo é un po’ più difficile: bisogna articolare un programma tra i Comuni della Flaminia, migliorare il progetto della nuova ferrovia, presentare un piano economico che preveda sviluppo e occupazione. E archiviare una volta per tutte la storica immagine del Sindaco paesano che col cappello in mano va a Roma e bussa ai Palazzi del Potere per chiedere: ieri un po’ di lavoro, oggi un altro binario del treno.

Il treno per Roma (e per l’Europa) va insomma preso portando nella borsa un’idea moderna di cultura locale e di sviluppo territoriale, e dimostrando il ritorno dell’investimento – treno in termini di economia e occupazione per un intero comparto dell’area di Roma Capitale: così i soldi arriverebbero, non veloci come un treno, ma quasi…

(Articolo scritto per “Il Nuovo” di dicembre 2012)

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